Le opere esposte alla mostra
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Arlecchino con mandolino, 1920
Scultura in gesso patinata
66,7 x 25,4 x 21,6 cm
L’opera propone uno dei soggetti più diffusi tra gli artisti dell’avanguardia cubista, da Pablo Picasso a Georges Braque, a Juan Gris, allo stesso Lipchitz che con Gris in particolare ebbe un lungo rapporto d’amicizia, coadiuvandolo nel 1917, per la parte tecnica, nella realizzazione della sua unica scultura, dedicata alla celebre maschera.
L’anatomia semplificata del protagonista della Commedia dell’Arte, di cui riconosciamo il tipico costume nel tratteggio reticolare accennato asimmetricamente su una spalla e su un’anca, si fonde con la sagoma del mandolino che si staglia in posizione centrale rimandando a un altro tema particolarmente caro all’artista: quello della musica, da lui trattato in numerose opere tra cui il ciclo di bassorilievi eseguiti tra il 1922 e il 1925 per il medico e collezionista americano Albert C. Barnes (tra essi Harlequin with Mandolin in Oval, 1923).
Presso la Barnes Foundation (Merion Pennsylvania), è conservato anche un esemplare in pietra di quest’opera.
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Strumenti musicali, 1924
Scultura in gesso patinata
57,2 x 67,9 x 30,5 cm
Attraverso il mercante, critico e collezionista d’arte francese Paul Guillame, che fu amico di artisti come Pablo Picasso, Henri Matisse e Amedeo Modigliani, nel 1922 Albert C. Barnes visitò lo studio di Lipchitz a Parigi. Colpito dal suo lavoro, il collezionista americano acquistò alcune opere dello scultore, commissionandogli cinque bassorilievi per la facciata dell’edificio a Merion, Pennsylvania, sede della sua prestigiosa raccolta di capolavori dei maestri dell’impressionismo e postimpressionismo francese.
Coevo alla realizzazione di queste opere, anche il gesso in esposizione si caratterizza per il peculiare formato geometrico incastonato agli angoli su un basamento che ne riprende parzialmente il profilo romboidale. Lipchitz, che già nel 1918 aveva realizzato un ciclo di nature morte in rilievo, si confronta ancora una volta con le ricerche pittoriche cubiste, in particolare di Picasso e Gris, risolvendole plasticamente in una vivace composizione con strumenti musicali al cui centro si riconosce la forma di una chitarra.
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Ritorno del figliol prodigo, 1931
Scultura in gesso patinata
118,1 x 165,1 x 78,7 cm
Opera particolarmente significativa nel percorso di Lipchitz, Retour de l’enfant prodigue segna l’avvio di una nuova fase di ricerca per l’artista, caratterizzata da sculture con volumi che accentuano l’alternanza di pieni e vuoti, dedicate prevalentemente a soggetti a carattere mitologico o ispirati alle storie dell’Antico e Nuovo Testamento.
L’artista riprende e rielabora questi temi in modo personale, investendoli di suggestioni autobiografiche e di riferimenti alla storia e al proprio vissuto, come nel caso di questa scultura in cui l’autore sostituisce l’immagine del padre con quella della madre, rappresentando nell’abbraccio tra la figura archetipica incarnata da quest’ultima e il figlio il suo ritorno a una originaria naturalezza.
La scultura, nella sua versione finale in bronzo, si trova presso The Nelson - Atkins Museum of Art, Kansas City, Missouri.
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Testa e mani, 1933
Gesso
50,8 x 53,3 x 40,6 cm
L’opera fa parte di una serie sviluppata agli inizi degli anni Trenta incentrata sullo stesso soggetto e rappresenta una testa, evocata dalla forma dei capelli simile alle ali di un uccello in volo, sorretta da due mani intrecciate poggiate sugli avambracci.
L’unione di queste parti anatomiche, che rivelano l’interesse di Lipchitz rispettivamente per l’opera di Henry Moore e per quella di Auguste Rodin, suggerisce in molte di queste sculture una vicinanza all’immaginario surrealista, evocando profili di creature spaventose.
Secondo le interpretazioni proposte, quest’opera dal carattere allo stesso tempo misterioso e lirico potrebbe essere riconducibile al libro di H. G. Wells, L’Homme invisible, scritto nel 1897 e tradotto in francese nel 1932.
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Madre e figlio, 1941
Scultura in gesso patinata
127,6 x 185,4 x 63,5 cm
Scultura tra le più intense e cariche di pathos di Lipchitz, una delle prime realizzate dall’artista al suo arrivo a New York, l’opera ritrae una donna nuda priva degli arti inferiori e delle mani, con sulle spalle avvinghiato un bambino, in una espressione dolorosa che è acuita dalla posa delle braccia spalancate verso il cielo.
Il movente misterioso di quest’opera, la cui lunga gestione è attestata da uno dei disegni in esposizione risalente alla fine degli anni Trenta, è ricondotto dall’artista alla tragica esperienza della Seconda Guerra Mondiale e al riaffiorare del ricordo di una scena vissuta a Mosca anni prima: “In 1935 I was in Russia and one night, when it was dark and raining, I heard the sound of a pathetic song. I tried to trace it and came to a railroad station where there was a beggar woman, a cripple without legs, on a cart, who was singing, her hair all loose and her arms outstretched. I was terribly touched by this image, but I only realized years later, when I made the Mother and Child, that it was this image that had emerged from my subconsious”.
Esemplari di quest’opera sono conservati presso il MoMA di New York, il Baltimore Museum of Art-Sculpture Garden, il Philadelphia Museum of Art, Philadelphia, The Israel Museum, Jerusalem.
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Pegaso, 1944
Scultura in gesso patinata
45,7 x 53,3 x 15,2 cm
Attratto dalla figura di Pegaso, Lipchitz ne ha eletto l’immagine ad emblema della forza della natura, ma anche della capacità dell’essere umano di superare i propri limiti attraverso il suo potenziale intellettivo e immaginativo.
L’artista attinge al mito, secondo cui il cavallo alato fu l’artefice della Fonte di Ippocrène, la sorgente sacra alle Muse, rivisitandolo liberamente in una scultura caratterizzata da una continuità di forme che rappresenta ed indaga l’origine dell’ispirazione e l’essenza enigmatica dell’arte.
Esemplari dell’opera si trovano presso il Lincoln Center for the Performing Arts, New York, e il Massachussets Institute of Technology Campus, Cambridge, Massachussets.
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Hagar II, 1949
Scultura in gesso patinata
34,3 x 36,8 x 17,8 cm
La scultura trae spunto dall’episodio biblico della Genesi della cacciata di Agar, la schiava egiziana con la quale Abramo generò il figlio Ismaele, considerato antenato degli Arabi.
Riprendendo il tema madre-figlio, Lipchitz tratta questa storia per la prima volta nel 1948, anno della nascita dello Stato di Israele, concependo l’opera come “a prayer for brootherhood between the Jewish and the Arabs”.
L’artista fissa il momento più concitato e drammatico, che precede l’apparizione salvifica dell’angelo di Dio, soffermandosi in Hagar II sulla volumetria dei capelli della donna e del drappeggio della veste con cui il corpo di Agar si fonde con quello del figlio adagiato al suo grembo, con esiti affini alle esperienze surrealiste di Picasso.
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Ritratto di Curt Valentin, 1952
Scultura in gesso patinata
39,4 x 21 x 27,9 cm
L’opera rappresenta Curt Valentin, mercante d’arte e gallerista tedesco emigrato negli Stati Uniti nel 1937.
Con la sua galleria, la Buchholz Gallery (dal 1951 Curt Valentin Gallery), Valentin si fece promotore oltreoceano del lavoro di numerosi artisti d’avanguardia: tra essi, oltre allo stesso Lipchitz, gli scultori Alexander Calder, Barbara Hepworth, Henry Moore e Marino Marini, che nel 1954 ne esegui anch’egli un ritratto in bronzo.
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Bozzetto di Mrs. John Cowles, 1956
Scultura in gesso patinata
33 x 17,8 x 24,1 cm
I numerosi ritratti creati da Lipchitz nel corso della sua lunga e prolifica carriera, rappresentano alcune delle persone a lui più care e molti personaggi noti della cultura e dell’arte del secolo scorso, che l’artista ebbe modo di conoscere e frequentare personalmente: tra essi Raymond Radiguet, Jean Cocteau, e Gertrude Stein che Lipchitz immortalò in due celebri sculture.
Realizzate prevalentemente dal vero (ad eccezione, ad esempio, dei ritratti postumi di Théodore Géricault, eseguito dall’artista studiandone la maschera mortuaria, o del busto commemorativo del Presidente americano John Fitzgerald Kennedy, realizzato su base fotografica), queste opere rivelano la curiosità dell’artista per la psicologia di ognuno dei soggetti ritratti, e la sua capacità di accoglierne la personalità, interpretandone le fisionomie dei volti con modalità sempre differenti.
Mentre i ritratti di matrice classica scolpiti negli anni Venti a Parigi si caratterizzano per il loro realismo, i successivi che attraversano le diverse fasi della ricerca di Lipchitz ne scandiscono ed esemplificano ulteriormente il continuo rinnovamento linguistico ed espressivo.
Il gesso rappresenta la moglie dell’editore di riviste americane di successo e filantropo John Cowles, la danzatrice, artista e coreografa di origine francese Sage Fuller Cowles, rimasta impressa nella memoria di Lipchitz per la sua vitalità.
Una versione in bronzo di questo ritratto si trova presso la collezione del Minneapolis Institute of Arts.
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Tra Cielo e Terra (particolare), 1958
Scultura in gesso patinata
127 x 134 x 109,2 cm
La scultura rappresenta un intreccio di esseri umani che si aprono, sostenendo una specie di struttura a forma di cuore invertito, nella quale appare una figura senza volto, sorretta o pendente dal becco di una colomba. Dalle masse umane intrecciate si crea un movimento ascendente: alcuni la considerano una composizione astratta che parla del passaggio dalla materia allo spirito, altri la vedono come un tema cristiano con angeli, la Vergine e lo Spirito Santo. Sono aspetti ricorrenti nella tematica di Lipchitz, che mescola i temi ebraici con quelli cristiani e con la mitologia greca, e li reinterpreta come in una sinfonia plastica.
Una versione dell’opera si trova presso The Nelson - Atkins Museum of Art, Kansas City, Missouri; un’altra (intitolata Peace on Earth) si trova all’esterno del Los Angeles County Music Center, Los Angeles.
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Cancello d’ingresso per la Roofless Church di Philip Johnson (corona), 1958
Scultura in gesso patinata
106,7 x 106,7 x 21 cm
Nel 1958, anno in cui ottenne la cittadinanza americana, Lipchitz collaborò con l’architetto Philip Johnson alla realizzazione della Roofless Church nel villaggio di New Harmony, Indiana, destinata a ospitare un esemplare in bronzo della sua scultura Notre Dame de Liesse, progettando il cancello monumentale per l’ingresso al sito.
Questi gessi, che rappresentano i modelli degli elementi decorativi del cancello, rimarcano con la loro simbologia la sacralità del luogo. Essi rappresentano una corona di foglie sorretta da due angeli, che racchiude al centro l’agnello di Dio, e sotto la quale si stagliano due corone di rose.
Nel registro inferiore del cancello, che con le due ante chiuse rivela al centro l’immagine di una croce, due corone più grandi raffiguranti spine racchiudono le lettere greche alfa e omega.
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Cancello d’ingresso per la Roofless Church di Philip Johnson (angelo), 1959
Scultura in gesso patinata
114,3 x 132,1 x 38,1 cm
Nel 1958, anno in cui ottenne la cittadinanza americana, Lipchitz collaborò con l’architetto Philip Johnson alla realizzazione della Roofless Church nel villaggio di New Harmony, Indiana, destinata a ospitare un esemplare in bronzo della sua scultura Notre Dame de Liesse, progettando il cancello monumentale per l’ingresso al sito.
Questi gessi, che rappresentano i modelli degli elementi decorativi del cancello, rimarcano con la loro simbologia la sacralità del luogo. Essi rappresentano una corona di foglie sorretta da due angeli, che racchiude al centro l’agnello di Dio, e sotto la quale si stagliano due corone di rose.
Nel registro inferiore del cancello, che con le due ante chiuse rivela al centro l’immagine di una croce, due corone più grandi raffiguranti spine racchiudono le lettere greche alfa e omega.
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Studio per Bellerofonte che doma Pegaso, 1964
Scultura in gesso patinata
155,6 x 110,5 x 51,4 cm
Incaricato di realizzare una scultura per l’ingresso del nuovo edificio della Columbia University School of Law a New York, progettato dall’architetto Max Abramovitz, Lipchitz si è ispirato nuovamente al mito di Pegaso, raccontando l’impresa dell’eroe mortale Bellerofonte, che domò il fiero cavallo alato servendosi di un morso d’oro. L’opera, di cui già questo studio rivela l’originale svolgimento, simboleggia il controllo dell’intelligenza umana, incarnata da Bellerofonte, sulla natura selvaggia rappresentata da Pegaso, celebrando il principio e il valore della legge: “You observe nature, make conclusions, and from these you make rules, and these rules help you to behave, to live, and law is born from that”.
Il monumento in bronzo, tra le commissioni più importanti ricevute da Lipchitz in America, è stato collocato davanti all’edificio della Jerome Greene Hall nel 1977, dopo la scomparsa dell’artista. Un altro esemplare si trova presso il Kemper Museum of Contemporary Art, Kansas City, Missouri.
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Modello per Lezione di un Disastro, 1961-70
Scultura in gesso patinata
165,1 x 149,9 x 127 cm
Nel gennaio del 1952 lo studio di Lipchitz a New York fu devastato da un terribile incendio.
Il ricordo di questo doloroso evento, nel quale andarono distrutte numerose opere dell’artista insieme a molti pezzi delle sue collezioni d’arte, rivive nel modello di Lesson of a Disaster, incentrato sull’immagine di una fenice avvolta dalle fiamme.
Nella figura di questo uccello leggendario, capace di rinascere dalle proprie ceneri dopo la morte, si condensa il sentimento di speranza con cui Lipchitz seppe risollevarsi da quella che egli stesso descrisse come una delle più grandi tragedie della sua vita, ricominciando con passione la sua attività.
Un esemplare in bronzo di grandi dimensioni della scultura si trova presso lo University of Arizona’s Museum of Art, Tucson, Arizona.
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L’ultimo abbraccio, 1970
Scultura in gesso patinata
78,7 x 99,1 x 43,2 cm
Tutta l’opera di Lipchitz, il suo processo creativo, è un’esperienza di catarsi, che riguarda il senso della vita e della morte, una specie di canto che cerca di evocare gli avvenimenti tragici della sua esistenza. La sensazione di movimento, creata dalla compenetrazione di forme e volumi, di leggerezza e di peso, di narrazione schematica e di scala monumentale, è quella che ci invita a girare intorno a quest’opera intitolata L’ultimo abbraccio, alla ricerca del suo messaggio, del suo senso. Se Lipchitz inizia negli anni ‘30 con la figura di Lotta di Giacobbe con l’angelo la sua interpretazione dei temi della Bibbia, qui essa finisce, con quest’ultima opera da lui prodotta, con un Abbraccio concepito anche come una tensione di opposti, un tema compositivo ricorrente in tutta la scultura di Lipchitz.
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Scena mitologica, 1911
Bassorilievo in gesso
43,8 x 40,6 x 3,8 cm
Quest’opera è stata realizzata nel 1911 quando Lipchitz, dopo il primo viaggio a Parigi, torna in Lituania per completare i documenti per l’esonero dal servizio militare e vedere i suoi genitori. Visitando il Museo dell’Hermitage egli resta affascinato dall’arte degli Sciiti. “Ricordo in particolare una straordinaria collezione di arte sciita, che è stata una rivelazione per me. Queste figure quasi astratte, intrecciate, sembrava avessero un rapporto con quello che cercavo di fare e, anche se è stato prima che diventassi cubista, penso che ciò mi abbia aiutato a chiarirmi le idee”.
In quest’opera è presente l’arte, l’equilibrio e il senso bucolico di Aristide Maillol (1861-1944) ed al tempo stesso quel ritmo di intrecci, che si manifesterà in tutta la scultura di Lipchitz.
Anche la frontalità dell’opera, così come i nudi femminili e quello maschile, si rapportano con il pensiero visivo di Maillol.
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Cancello d’ingresso per la Roofless Church di Philip Johnson, modello, 1958
Scultura in gesso patinata, con struttura in metallo e legno
129,5 x 114,3 x 38,1 cm
Il piccolo modello per il cancello monumentale della Roofless Church evidenzia il percorso creativo di Lipchitz e la sua attenzione ai singoli elementi decorativi.
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Testa di uomo
Scultura in gesso patinata
30,5 x 20,3 x 17,8 cm
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Senza titolo / Testa, 1970
Scultura in gesso patinata
34,9 x 22,9 x 28,6 cm
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Testa di uomo
Scultura in gesso patinata
47,6 x 24,8 x 33 cm
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Testa di uomo
Scultura in gesso patinata
38,1 x 24,1 x 28,6 cm
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Ritratto di Albert Skira, 1966
Scultura in gesso patinata
39,4 x 24,8 x 29,2 cm
Il gesso ritrae l’editore svizzero Albert Skira, fondatore a Losanna nel 1928 della prestigiosa casa editrice SKIRA, specializzata in edizioni illustrate e libri d’arte. Attivo negli anni Trenta anche a Parigi, Skira convogliò i principali artisti e scrittori del periodo, soprattutto surrealisti, attorno alla rivista “Minotaure” creata in collaborazione con il critico e editore Tériade .
Ricordando i momenti delle pose per questo tardo ritratto, l’artista lo descrisse come “a marvellous sitter”.
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Studio per Lezione di un Disastro, 1960
Matita su carta
Carta da lettere dell’Hotel Ambassador
18 x 10,5 cm
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La Coppia, 1943
Matita su carta
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Madre e Figlio, 1912
Matita su carta
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Madre e Figlio, 1939
Inchiostro e acquerello su carta
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Musicisti, 1910-1912
Inchiostro e acquerello su carta
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