I gessi della donazione Lipchtiz sono i modelli preparatori per la realizzazione di opere in materiali diversi e più duraturi, come il bronzo e il marmo. Sono rimasti nello studio dell’artista dal 1973, anno della sua morte, fino al 2012, subendo danneggiamenti dovuti alla fragilità del materiale e all’umidità. Al momento dell’arrivo a Prato da New York, la collezione presentava notevoli problemi di conservazione dovuti in primo luogo al materiale costitutivo: gesso con armature metalliche. Il gesso è infatti un materiale fragile, facilmente scalfibile; la polvere ne danneggia la superficie creando depositi che facilitano gli attacchi fungini e l’umidità degli ambienti può ossidare e arrugginire le anime in metallo.
Prima di esporre i gessi al pubblico si è dovuto così affrontare un impegnativo restauro per il quale il Comune di Prato si è rivolto all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. In poco più di tre mesi una piccola squadra di restauratori specializzati, reclutati fra coloro che si sono formati alla scuola di alta formazione dell’Opificio, si è cimentata in un lavoro particolarmente impegnativo, riuscendo a riportare all’originale splendore oltre venti opere, che ripercorrono quasi tutta la carriera dell’artista (dal 1911 al 1971), mettendone in luce i notevoli cambiamenti di stile.
Jaques Lipchitz raccontato dal suo assistente Alfredo Sasso
Alfredo Sasso, che dal 1971 al 1973 ha lavorato come assistente di Jacques Lipchitz, in questo video ci parla dell'opera del grande Maestro lituano. L'intervento è stato registrato a Prato, nelle Antiche Stanze di Santa Caterina, nel mese di febbraio 2013, mentre erano in corso i lavori di restauro delle opere donate al Comune di Prato dalla Fondazione Jacques e Yulla Lipchitz di New York e dell'avvocato Hanno D.Mott, figlio ed erede della signora Yulla Lipchitz.